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Original artwork description:

Le reliquie sono una serie di opere che incorniciano oggetti comuni, residui del contemporaneo, trasformandoli in feticci simbolici del nostro tempo. Attraverso un gesto di elevazione formale — l’incorniciatura museale — l’opera sottrae l’oggetto al flusso del consumo e lo carica di un’aura sacra, ironica e critica allo stesso tempo.

Ogni pezzo della serie è un’icona silenziosa: materia vissuta, spesso scartata, che assume valore solo nella sua funzione di testimone. Le “reliquie” non sono reliquie di santi, ma frammenti profani di un presente che divora e si autodivora — resti di spedizioni, di consumo, di corpi invisibili che hanno toccato quell’oggetto per un solo istante prima che diventasse scarto.

Pressata dalla furia del tempo, la corsa dei topi vuole che le persone corran più veloci, più efficacemente… schiacciando, schiacciando e poi solo sprecando.

Ogni oggetto raccolto è un corpo piegato, deformato dalla velocità e dall’indifferenza — ciò che resta dopo il passaggio dell’urgenza.

L’opera gioca con il contrasto tra la povertà del materiale e la solennità della presentazione. Il doppio frame — uno interno, uno esterno — agisce come dispositivo concettuale: evidenzia la distanza tra ciò che è e ciò che viene creduto degno di memoria.
Lo spettatore è invitato a riflettere sulla costruzione del valore, sull’ossessione per la conservazione, sull’identità dell’oggetto nell’epoca dell’iperproduzione.

«Reliquie» è, in fondo, un atto di resistenza poetica: un tentativo di rallentare, di osservare, di attribuire senso all’insignificante. Un’archeologia del presente, incorniciata prima che venga dimenticata.


Tecnica: mixed media

Materiali: dipinto ad olio, tela, vetro, legno, tessuto, carta

Cornice: dorata, con passe-partout neutro. Dimensioni (incluso il telaio): circa 34 x 29 cm.

Firma: a mano, dietro

Certificato di autenticità incluso

Singolo - anno 2025
L’opera si basa su una tensione visiva e concettuale tra due elementi in contrasto: da un lato la superficie pittorica, stratificata e densa, che richiama un universo simbolico più ampio, dall’altro l’irruzione brutale della scritta Fuck the world, inscritta come un banner, diretta e spietata.

La scelta di inserire un testo così netto e apparentemente distruttivo non è un gesto gratuito, ma un dispositivo critico: la parola diventa un taglio, una frattura che lacera l’immagine e la sua possibile armonia. Questo atto non nega l’opera, bensì la potenzia, trasformandola in un campo di conflitto tra estetica e linguaggio, tra immaginario e realtà.

Il banner non è un semplice slogan, ma un grido di disillusione che si staglia sullo sfondo pittorico, rivelando la vulnerabilità dell’individuo di fronte a un mondo che spesso appare insensibile, violento o indifferente. L’opera si offre quindi come manifesto della contraddizione contemporanea: bellezza e rabbia, creazione e distruzione, pittura e parola.

In questo equilibrio instabile, lo spettatore è chiamato a interrogarsi: il “fuck the world” è un rifiuto assoluto o un atto di resistenza? Un gesto di disperazione o la possibilità di un nuovo inizio?

Mostre recenti

Fiera d'Arte Parallax
Kensington Town Hall
Hornton Street
Londra
W8 7NX


2024
Mostra personale
Venezia Contemporanea
Palazzo Pisani-Revedin
S. Marco, 4013A, 30124 Venezia, Italia

ARTLAB
Benjamin Eck Gallery
Monaco di Baviera, Germania

2021
Mia Fair
Le informazioni sulla Photography Art Fair Italy
Milano, Italia

Lausanne Art Fair
Beaulieu Lausanne
Booth 59
Svizzero

Lille ArtUp 2021
Lille, Francia

StreetArt//UrbanArt
Legnano, Italia

2020
Woodward Gallery
Mostra WashYourHands
New York City, NY


RedSheep Gallery
Lavoro su carta
Stoccolma, Svezia

2019

Wopart Art Fair 2019 / Centro Esposizioni - Lugano, Svizzera

Lang Leve Rembrandt
Rijks Museum Amsterdam

Materials used:

Oil paint, paper canvas

Tags:
#slasky 

Fuck the World (2025) Mixed-media painting
by Slasky

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Le reliquie sono una serie di opere che incorniciano oggetti comuni, residui del contemporaneo, trasformandoli in feticci simbolici del nostro tempo. Attraverso un gesto di elevazione formale — l’incorniciatura museale — l’opera sottrae l’oggetto al flusso del consumo e lo carica di un’aura sacra, ironica e critica allo stesso tempo.

Ogni pezzo della serie è un’icona silenziosa: materia vissuta, spesso scartata, che assume valore solo nella sua funzione di testimone. Le “reliquie” non sono reliquie di santi, ma frammenti profani di un presente che divora e si autodivora — resti di spedizioni, di consumo, di corpi invisibili che hanno toccato quell’oggetto per un solo istante prima che diventasse scarto.

Pressata dalla furia del tempo, la corsa dei topi vuole che le persone corran più veloci, più efficacemente… schiacciando, schiacciando e poi solo sprecando.

Ogni oggetto raccolto è un corpo piegato, deformato dalla velocità e dall’indifferenza — ciò che resta dopo il passaggio dell’urgenza.

L’opera gioca con il contrasto tra la povertà del materiale e la solennità della presentazione. Il doppio frame — uno interno, uno esterno — agisce come dispositivo concettuale: evidenzia la distanza tra ciò che è e ciò che viene creduto degno di memoria.
Lo spettatore è invitato a riflettere sulla costruzione del valore, sull’ossessione per la conservazione, sull’identità dell’oggetto nell’epoca dell’iperproduzione.

«Reliquie» è, in fondo, un atto di resistenza poetica: un tentativo di rallentare, di osservare, di attribuire senso all’insignificante. Un’archeologia del presente, incorniciata prima che venga dimenticata.


Tecnica: mixed media

Materiali: dipinto ad olio, tela, vetro, legno, tessuto, carta

Cornice: dorata, con passe-partout neutro. Dimensioni (incluso il telaio): circa 34 x 29 cm.

Firma: a mano, dietro

Certificato di autenticità incluso

Singolo - anno 2025
L’opera si basa su una tensione visiva e concettuale tra due elementi in contrasto: da un lato la superficie pittorica, stratificata e densa, che richiama un universo simbolico più ampio, dall’altro l’irruzione brutale della scritta Fuck the world, inscritta come un banner, diretta e spietata.

La scelta di inserire un testo così netto e apparentemente distruttivo non è un gesto gratuito, ma un dispositivo critico: la parola diventa un taglio, una frattura che lacera l’immagine e la sua possibile armonia. Questo atto non nega l’opera, bensì la potenzia, trasformandola in un campo di conflitto tra estetica e linguaggio, tra immaginario e realtà.

Il banner non è un semplice slogan, ma un grido di disillusione che si staglia sullo sfondo pittorico, rivelando la vulnerabilità dell’individuo di fronte a un mondo che spesso appare insensibile, violento o indifferente. L’opera si offre quindi come manifesto della contraddizione contemporanea: bellezza e rabbia, creazione e distruzione, pittura e parola.

In questo equilibrio instabile, lo spettatore è chiamato a interrogarsi: il “fuck the world” è un rifiuto assoluto o un atto di resistenza? Un gesto di disperazione o la possibilità di un nuovo inizio?

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Fiera d'Arte Parallax
Kensington Town Hall
Hornton Street
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2024
Mostra personale
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S. Marco, 4013A, 30124 Venezia, Italia

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2021
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2019

Wopart Art Fair 2019 / Centro Esposizioni - Lugano, Svizzera

Lang Leve Rembrandt
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Oil paint, paper canvas

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#slasky 
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Slasky

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ARTSY Slasky on Digital Art KLEIN EDITIONSDECEMBER 14, 2017 13:50 PMKlein Editions talks to contemporary artist Slasky about digital art, the prejudices towards it, and how it compares to artistic... Read more

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